Catone in Utica, libretto, Stoccarda, Cotta, 1754

 ATTO TERZO
 
 SCENA PRIMA
 
 Cortile.
 
 CESARE e FULVIO
 
 CESARE
 Tutto, amico, ho tentato: alcun rimorso
 più non mi resta, invan finsi finora
685ragioni alla dimora
 sperando pur che della figlia al pianto,
 d'Utica a' prieghi e de' perigli a fronte
 si piegasse Catone; or so ch'ei volle
 invece di placarsi
690Marzia svenar perché gli chiese pace,
 perché disse d'amarmi. Andiamo, ormai
 giusto è il mio sdegno, ho tollerato assai. (In atto di partire)
 FULVIO
 Ferma, tu corri a morte.
 CESARE
 Perché?
 FULVIO
                  Già su le porte
695d'Utica v'è chi nell'uscir ti deve
 privar di vita.
 CESARE
                             E chi pensò la trama?
 FULVIO
 Emilia, ella mel disse, ella confida
 nell'amor mio, tu 'l sai.
 CESARE
                                             Coll'armi in pugno
 ci apriremo la via. Vieni.
 FULVIO
                                                Raffrena
700quest'ardor generoso, altro riparo
 offre la sorte.
 CESARE
                           E quale?
 FULVIO
                                              Un che fra l'armi
 milita di Catone infino al campo
 per incognita strada
 ti condurrà.
 CESARE
                         Chi è questi?
 FULVIO
705Floro si appella, uno è di quei che scelse
 Emilia a trucidarti. Ei vien pietoso
 a palesar la frode
 e ad aprirti lo scampo.
 CESARE
                                            Ov'è?
 FULVIO
                                                          Ti attende
 d'Iside al fonte. Egli m'è noto, a lui
710fidati pur; intanto al campo io riedo
 e per l'esterno ingresso
 di quel cammino istesso a te svelato
 co' più scelti de' tuoi
 tornerò poi per tua difesa armato.
 CESARE
715E fidarci così?
 FULVIO
                             Vivi sicuro.
 Avran di te, che sei
 la più grand'opra lor, cura gli dei.
 
    La fronda che circonda
 a' vincitori il crine
720soggetta alle ruine
 del folgore non è.
 
    Compagna della cuna
 apprese la fortuna
 a militar con te. (Parte)
 
 SCENA II
 
 CESARE e poi MARZIA.
 
 CESARE
725Quanti aspetti la sorte
 cangia in un giorno!
 MARZIA
                                        Ah Cesare che fai?
 Come in Utica ancor?
 CESARE
                                          L'insidie altrui
 mi son d'inciampo.
 MARZIA
                                      Per pietà, se m'ami,
 come parte del mio
730difendi il viver tuo; Cesare addio. (In atto di partire)
 CESARE
 Fermati, dove fuggi?
 MARZIA
 Al germano, alle navi. Il padre irato
 vuol la mia morte. (Oh dio! (Guardando intorno)
 Giungesse mai). Non m'arrestar, la fuga
735sol può salvarmi.
 CESARE
                                  Abbandonata e sola
 arrischiarti così! Ne' tuoi perigli
 seguirti io deggio.
 MARZIA
                                    No, s'è ver che m'ami
 me non seguir, pensa a te sol, non dei
 meco venir, addio... Ma senti, in campo
740com'è tuo stil, se vincitor sarai,
 oggi del padre mio
 risparmia il sangue, io te ne priego, addio. (In atto di partire)
 CESARE
 T'arresta anche un momento.
 MARZIA
                                                        È la dimora
 perigliosa per noi, potrebbe... Io temo... (Guardando intorno)
745Deh lasciami partir.
 CESARE
                                        Così t'involi?
 MARZIA
 Crudel, da me che brami? È dunque poco
 quant'ho sofferto? Ancor tu vuoi ch'io senta
 tutto il dolor d'una partenza amara?
 Lo sento sì, non dubitarne; il pregio
750d'esser forte m'hai tolto. Invan sperai
 lasciarti a ciglio asciutto. Ancora il vanto
 del mio pianto volesti, ecco il mio pianto.
 CESARE
 Ahimè l'alma vacilla!
 MARZIA
 Chi sa se più ci rivedremo e quando.
755Chi sa che il fato rio
 non divida per sempre i nostri affetti.
 CESARE
 E nell'ultimo addio tanto ti affretti?
 MARZIA
 
    Confusa, smarrita
 spiegarti vorrei
760che fosti... che sei...
 Intendimi oh dio!
 Parlar non poss'io,
 mi sento morir.
 
    Fra l'armi se mai
765di me ti rammenti
 io voglio... Tu sai...
 Che pena! Gli accenti
 confonde il martir. (Parte)
 
 SCENA III
 
 CESARE, poi ARBACE
 
 CESARE
 Quali insoliti moti
770al partir di costei prova il mio core!
 Dunque al desio d'onore
 qualche parte usurpar de' miei pensieri
 potrà l'amor?
 ARBACE
                            (M'inganno (Nell’uscire si ferma)
 oppur Cesare è questi?)
 CESARE
                                               Ah l'esser grato,
775aver pietà d'un infelice alfine
 debolezza non è. (In atto di partire)
 ARBACE
                                  Fermati e dimmi,
 quale ardir, qual disegno
 t'arresta ancor fra noi?
 CESARE
                                            (Questi chi fia!)
 ARBACE
 Parla.
 CESARE
              Del mio soggiorno
780qual cura hai tu?
 ARBACE
                                  Più che non pensi.
 CESARE
                                                                      Ammiro
 l'audacia tua ma non so poi se ai detti
 corrisponda il valor.
 ARBACE
                                       Se l'assalirti
 dove ho tante difese e tu sei solo
 non paresse viltade, or ne faresti
785prova a tuo danno.
 CESARE
 E chi sei tu che meco
 tanta virtù dimostri e tanto sdegno?
 ARBACE
 Né mi conosci?
 CESARE
                               No.
 ARBACE
                                         Son tuo rivale
 nell'armi e nell'amor.
 CESARE
                                          Dunque tu sei
790il principe numida
 di Marzia amante e al genitor sì caro?
 ARBACE
 Sì, quello io sono.
 CESARE
                                   Ah se pur l'ami Arbace
 la siegui, la raggiungi, ella s'invola
 del padre all'ira intimorita e sola.
 ARBACE
795Dove corre?
 CESARE
                         Al germano.
 ARBACE
 Per qual cammin?
 CESARE
                                     Chi sa? Quindi pur dianzi
 passò fuggendo.
 ARBACE
                                A rintracciarla or vado.
 Il tuo gran core ammiro,
 se colei che ti adora
800con generoso eccesso
 rival confidi al tuo rivale istesso. (Parte)
 
 SCENA IV
 
 CESARE
 
 CESARE
 Del rivale all'aita
 or che Marzia abbandono ed or che il fato
 mi divide da lei, non so qual pena
805incognita finor m'agita il petto.
 Taci importuno affetto.
 No, fra le cure mie luogo non hai,
 se a più nobil desio servir non sai.
 
    Quell'amor che poco accende
810alimenta un cor gentile
 come l'erbe il nuovo aprile,
 come i fiori il primo albor.
 
    Se tiranno poi si rende
 la ragion ne sente oltraggio
815come l'erba al caldo raggio,
 come al gielo esposto il fior. (Parte)
 
 SCENA V
 
 Luogo ombroso circondato d’alberi con fonte d’Iside da un lato e dall’altro ingresso praticabile d’acquedotti antichi.
 
 EMILIA con gente armata
 
 EMILIA
 È questo amici il luogo ove dovremo
 la vittima svenar. Fra pochi istanti
 Cesare giungerà. Chiusa è l'uscita
820per mio comando, onde non v'è per lui
 via di fuggir. Voi qui d'intorno occulti
 attendete il mio cenno. Ecco il momento (La gente si dispone)
 sospirato da me. Vorrei... Ma parmi
 ch'altri s'appressi: è questo
825certamente il tiranno. Aita o dei,
 se vendicata or sono
 ogni oltraggio sofferto io vi perdono. (Si nasconde)
 
 SCENA VI
 
 CESARE e detto
 
 CESARE
 Ecco d'Iside il fonte. Ai noti segni
 questo il varco sarà. Floro m'ascolti?
830Floro. Nol veggio più. Fin qui condurmi,
 poi dileguarsi! Io fui
 troppo incauto in fidarmi. Eh non è questo
 il primo ardir felice. Io di mia sorte
 feci in rischio maggior più certa prova. (Nell’entrare s’incontra in Emilia che esce dagli acquedotti con la gente che circonda Cesare)
 EMILIA
835Ma questa volta il suo favor non giova.
 CESARE
 Emilia!
 EMILIA
                  È giunto il tempo
 delle vendette mie.
 CESARE
                                      Fulvio ha potuto
 ingannarmi così!
 EMILIA
                                  No, dell'inganno
 tutta la gloria è mia.
840A Fulvio io figurai
 d'Utica su le porte i tuoi perigli.
 Per condurti ove sei, Floro io mandai
 con simulato zelo a palesarti
 questa incognita strada. Or dal mio sdegno
845se puoi t'invola.
 CESARE
                                Un femminil pensiero
 quanto giunge a tentar!
 Alfin che chiedi?
 EMILIA
                                  Il sangue tuo.
 CESARE
                                                             Sì lieve
 non è l'impresa.
 EMILIA
                                 Or lo vedremo. Amici
 l'usurpator svenate.
 CESARE
850Prima voi caderete. (Cava la spada)
 
 SCENA VII
 
 CATONE e detti
 
 CATONE
                                        Olà fermate.
 EMILIA
 (Fato avverso!)
 CATONE
                               Che miro! Allor, ch'io cerco
 la fuggitiva figlia,
 te in Utica ritrovo in mezzo all'armi.
 Che si vuol? Che si tenta?
 CESARE
855La morte mia ma con viltà.
 CATONE
                                                    Chi è reo?
 di sì basso pensiero?
 CESARE
 Emilia
 CATONE
                Emilia!
 EMILIA
                                 E' vero.
 CATONE
 E romana qual sei
 speri adoprar con lode
860la greca insidia e l'africana frode?
 Non più. Parta ciascuno. (La gente di Emilia parte)
 EMILIA
                                                E tu difendi
 un ribelle così?
 CATONE
                               Parti e ti scorda
 l'idea d'un tradimento.
 EMILIA
 Veggo il fato di Roma in ogni evento. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 CESARE e CATONE
 
 CESARE
865Lascia che un'alma ingrata
 renda alla tua virtù...
 CATONE
                                         Nulla mi devi.
 Mira se alcun vi resta
 armato a danni tuoi.
 CESARE
                                        Partì ciascuno. (Guardando attorno)
 CATONE
 D'altre insidie hai sospetto?
 CESARE
                                                      Ove tu sei
870chi può temerle?
 CATONE
                                  E ben stringi quel brando.
 Risparmi il sangue nostro
 quello di tanti eroi.
 CESARE
 A cento schiere in faccia
 si combatta se vuoi, ma non si vegga
875per qualunque periglio
 contro il padre di Roma armati il figlio.
 CATONE
 Eroici sensi e strani.
 Sarebbe mai difetto
 di valor, di coraggio
880quel color di virtù?
 CESARE
                                      Cesare soffre
 di tal dubbio l'oltraggio!
 Ah se alcun si ritrova
 che ne dubiti ancora, ecco la prova. (Mentre snuda la spada esce Emilia frettolosa)
 
 SCENA IX
 
 EMILIA e detti
 
 EMILIA
 Siam perduti.
 CATONE
                             Che fu?
 EMILIA
                                              L'armi nemiche
885su le assalite mura
 si veggono apparir. Non basta Arbace
 a incoraggire i tuoi. Se tardi un punto
 oggi all'estremo il nostro fato è giunto.
 CATONE
 Di private contese
890Cesare non è tempo.
 CESARE
                                        A tuo talento
 parti o t'arresta.
 EMILIA
                                 Ah non tardar, la speme
 si ripone in te solo.
 CATONE
 Volo al cimento. (Parte)
 CESARE
                                 Alla vittoria io volo. (Parte)
 
 SCENA X
 
 EMILIA
 
 EMILIA
 Chi può nelle sventure
895uguagliarsi con me? Spesso per gli altri
 e parte e fa ritorno
 la tempesta, la calma e l'ombra e il giorno.
 Sol io provo degli astri
 la costanza funesta,
900sempre è notte per me, sempre è tempesta.
 
    Nacqui agli affanni in seno,
 ognor così penai
 né vidi un raggio mai
 per me sereno in ciel.
 
905   Sempre un dolor non dura;
 ma quando cangia tempre
 sventura da sventura
 si riproduce e sempre
 la nuova è più crudel. (Parte)
 
 SCENA XI
 
 Gran piazza d’armi dentro le mura di Utica, parte di dette mura diroccate. Campo di cesariani fuori della città con padiglioni, tende e machine militari.
 
 Nell’aprirsi della scena si vede l’attacco soppra le mura, ARBACE al di dentro che tenta rispinger FULVIO già entrato con parte de’ cesariani dentro le mura, poi CATONE in soccorso d’Arbace. Indi CESARE difendendosi da alcuni che l’hanno assalito. I cesariani entrano le mura. Cesare, Catone, Fulvio ed Arbace si disviano combattendo. Siegue gran fatto d’armi fra i due eserciti. Cade il resto delle mura, fuggono i soldati di Catone respinti; i cesariani li seguitano e rimasta la scena vuota esce di nuovo Catone con spada rotta in mano
 
 CATONE
910Vinceste inique stelle. Ecco distrugge
 un punto sol di tante etadi e tante
 il sudor, la fatica. Ecco soggiace
 di Cesare all'arbitrio il mondo intero.
 Misera libertà, patria infelice,
915ingratissimo figlio! Altro il valore
 non ti lasciò degli avi
 nella terra già doma
 da soggiogar che il Campidoglio e Roma.
 Ah non potrai, tiranno,
920trionfar di Catone. E se non lice
 viver libero ancor, si vegga almeno
 nella fatal ruina
 spirar con me la libertà latina. (In atto di uccidersi)
 
 SCENA XII
 
 MARZIA da un lato, ARBACE dall’altro e detto
 
 MARZIA
 Padre.
 ARBACE
                Signor.
 MARZIA, ARBACE
                                T'arresta.
 CATONE
                                                    Al guardo mio
925ardisci ancor di presentarti ingrata?
 ARBACE
 Una misera figlia
 lasciar potresti in servitù sì dura?
 CATONE
 Ah questa indegna oscura
 la gloria mia.
 MARZIA
                           Che crudeltà! Deh ascolta
930i prieghi miei.
 CATONE
                              Taci.
 MARZIA
                                          Perdono o padre, (S’inginocchia)
 caro padre, pietà. Questa che bagna
 di lagrime il tuo piede è pur tua figlia.
 Ah volgi a me le ciglia,
 vedi almen la mia pena,
935guardami una sol volta e poi mi svena.
 ARBACE
 Placati alfine.
 CATONE
                            Or senti.
 Se vuoi che l'ombra mia vada placata
 al suo fatal soggiorno, eterna fede
 giura ad Arbace e giura
940all'oppressore indegno
 della patria e del mondo eterno sdegno.
 MARZIA
 (Morir mi sento).
 CATONE
                                   E pensi ancor? Conosco
 l'animo averso. Ah da costei lontano
 volo a morir.
 MARZIA
                           No, genitore, ascolta. (S’alza)
945Tutto farò. Vuoi che ad Arbace io serbi
 eterna fé? La serberò. Nemica
 di Cesare mi vuoi? Dell'odio mio
 contro lui t'assicuro.
 CATONE
 Giuralo.
 MARZIA
                   (Oh dio!). Su questa man lo giuro. (Prende la mano di Catone e la bacia)
 ARBACE
950Mi fa pietade.
 CATONE
                             Or vieni
 fra queste braccia e prendi
 gli ultimi amplessi miei, figlia infelice.
 Son padre alfine e nel momento estremo
 cede ai moti del sangue
955la mia fortezza. Ah non credea lasciarti
 in Africa così.
 MARZIA
                            Questo è dolore. (Piange)
 CATONE
 Non seduca quel pianto il mio valore.
 
    Per darvi alcun pegno
 d'affetto il mio core
960vi lascia uno sdegno,
 vi lascia un amore;
 ma degno di voi,
 ma degno di me.
 
    Io vissi da forte,
965più viver non lice.
 Almen sia la sorte
 ai figli felice
 se al padre non è. (Parte)
 
 MARZIA
 Seguiamo i passi suoi.
 ARBACE
                                            Non s'abbandoni
970al suo crudel desio. (Parte)
 MARZIA
 Deh serbatemi, o numi, il padre mio. (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 CESARE sopra carro trionfale tirato da cavalli, preceduto dall’esercito vittorioso, da’ Numidi, istromenti bellici e popolo
 
 CORO
 
    Già ti cede il mondo intero
 o felice vincitor.
 
    Non v'è regno, non v'è impero
975che resista al tuo valor. (Terminato il coro Cesare scende dal carro)
 
 CESARE e FULVIO
 
 CESARE
 Il vincer o compagni
 non è tutto valor. D'ogni nemico
 risparmiate la vita e con più cura
 conservate in Catone
980l'esempio degli eroi
 a me, alla patria, all'universo, a voi.
 FULVIO
 Cesare non temerne, è già sicura
 la salvezza di lui. Corse il tuo cenno
 per le schiere fedeli.
 
 SCENA ULTIMA
 
 MARZIA, EMILIA e detti
 
 MARZIA
985Lasciatemi o crudeli. (Verso la scena)
 Voglio del padre mio
 l'estremo fato accompagnare anch'io.
 FULVIO
 Che fu?
 CESARE
                  Che ascolto!
 MARZIA
                                          Ah quale oggetto! Ingrato! (A Cesare)
 Va', se di sangue hai sete, estinto mira
990l'infelice Catone. Eccelsi frutti
 del tuo valor son questi. Il più dell'opra
 ti resta ancor. Via quell'acciaro impugna
 e in faccia a queste squadre
 la disperata figlia unisci al padre. (Piange)
 CESARE
995Ma come!... Per qual mano!...
 Si trovi l'uccisor.
 EMILIA
                                  Lo cerchi invano.
 MARZIA
 Volontario morì. Catone oppresso
 rimase, è ver, ma da Catone istesso.
 CESARE
 Emilia, io giuro ai numi...
 EMILIA
                                                  I numi avranno
1000cura di vendicarci, assai lontano
 forse il colpo non è. Per pace altrui
 l'affretti il cielo e quella man che meno
 credi infedel, quella ti squarci il seno. (Parte)
 CESARE
 Tu Marzia almen rammenta...
 MARZIA
                                                         Io mi rammento
1005che son per te d'ogni speranza priva,
 orfana, desolata e fuggitiva.
 Mi rammento che al padre
 giurai d'odiarti e per maggior tormento
 che un ingrato adorai pur mi rammento. (Parte)
 CESARE
1010Quanto perdo in un dì!
 FULVIO
                                             Quando trionfi
 ogni perdita è lieve.
 CESARE
 Ah se costar mi deve
 i giorni di Catone il serto, il trono,
 ripigliatevi o numi il vostro dono. (Getta il lauro)
 
 Fine dell’opera